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Catalogo di presentazione della installazione “Miramare” vetrata
d’ingresso sala ricevimenti “GRAN GALA” (Roseto Capo Spulico – CS),
dicembre 2000
PARTE
GENERALE: "La vetrata, eseguita in unico esemplare è, per tecnica di
esecuzione, materiali usati e dimensioni, catalogabile tra le opere artistiche
definite “Installazioni”. E’ un’opera polimaterica comprensiva di
quattro pannelli di dimensioni 125x275 e due pannelli di dimensioni 50x200,
inserita all’interno di una struttura modulare di alluminio e realizzata con
materiali, riciclati, reperiti in larga parte nel corso dei lavori di
costruzione dello stesso complesso che la ospita. L’opera segna una tappa
evolutiva nel percorso artistico dell’autore il quale, in considerazione del
lungo processo formativo incentrato sulla ricerca personale che lo ha portato al
primo approdo all’arte del riciclaggio già nel 1992, può a buon diritto
considerarsi se non come precursore certamente tra i primi esponenti di questa
nuova corrente artistica. L’installazione sviluppa due temi entrambi collegati
al luogo che l’ ha ispirata diventandone una trasposizione artistica che trova
la sua conferma nell’omonimia “Miramare”.
NOTE
CRITICHE:
Il primo tema è sviluppato sulla facciata esterna. Essa rappresenta la
vita delle serate all’interno del complesso turistico: notti di note ispirate
alla tradizione musicale folk comunemente definita “liscio”. Su questa
tradizione e sull’amore e la passione che il proprietario del locale nutre per
essa, il “Miramare” ha costruito la sua immagine che, nel nuovo ristorante
– sala ricevimenti “Gran Gala”, ha il suo consolidamento.
Il
primo motivo ispiratore è dunque dato, sul piano artistico, dai personaggi
del duo fisarmonica-chitarra, sinteticamente configurati in note musicali, quale
parte vivente del tutto. Dalle note i personaggi traggono vitalità e,
attraverso le stesse, ne diventano veicolo. Le note simboleggianti aliti di vita
che trovano ragione di esistenza attraverso gli strumenti musicali la cui
realizzazione quasi fedele racchiude la loro funzione di semplice mezzo privo di
una caratterizzazione metaforica. Punti di colore simili a coriandoli
costituiscono il fondo: esso, nella sua vivace policromia, esprime la diversità
e l’allegria, è significante della realtà collettiva esterna retta e
governata dalle leggi interne che la sottendono, acquisibili nell’idea di
armonia dell’insieme e ne regolano il caos soltanto “apparente”. Dal fondo
emerge un primo piano che ha una sua autonoma traccia. Il piano, pur distaccato
e fisiologicamente autonomo, ha però un’intrinseca unità concettuale con il
fondo: la colorazione delle maglie metalliche ricalca in sintesi le masse
colorate dei “coriandoli” della
base. Dall’insieme prende consistenza un ambiente definito sul quale e
nel quale si muove il personaggio. Su questo terzo piano, con
l’identificazione uomo – nota, la sintesi raggiunge il suo apice. La
triplice stratificazione dei piani trova una corrispondente variabile nella
diversificazione di due scomparti intervallati da una netta linea di
demarcazione. Lo scomparto superiore è immagine di un mondo reale che diventa
visibile attuando un processo di decodificazione del messaggio velatamente
trasmesso dall’autore. Lo scomparto inferiore è la rappresentazione di un
universo immaginifico, percepito come fantastico, sfuggente alla realtà
sensibile. La linea di demarcazione si pone come limite umano; su di essa si
infrange il nostro essere effimeri e si raccoglie la nostra miseria, soprattutto
culturale, traducibile con l’incapacità e l’impossibilità di assurgere
alla conoscenza pura e assoluta di quel mondo immaginifico posto in basso.
Il
secondo motivo, sviluppato sulla facciata interna, si estranea dalla
matericità della vita e, per riflesso, dalle persone che la movimentano per
rappresentare lo spirito che aleggia e la musica che la fa da padrona nel suo
attimo di espansione vitale. Il rigo musicale, che nell’opera ha una sua
armonia ottica interna oltre ad una funzionalità strumentale rappresentativa,
prima intero nella parte centrale si rompe sui pannelli laterali per lasciar
salire il brio e l’allegria rappresentati dai tappi di spumante. Dalla
lacerazione del rigo erompe una cascata di note sprigionanti energia. E’
un’esplosione di vita e colori immediata e momentanea: le note infatti, come
zampillo di fresca memoria vanno a depositarsi sul confine del nostro presente
riducendosi a corpi simili e incolori. Arte – musica è il binomio che si
coniuga perfettamente in quest'opera perché l’una trae e trova espressione
nell’altra. Nel gioco sapientemente costruito di suoni chiaramente ridotti a
simbolo e colori la vetrata sviluppa la sua univoca logica interna che fa dei
sei pannelli un unicum tematico. L’arte riciclata si eleva a linguaggio
universale e diventa espressione della condizione umana secondo la personale
visione dell’autore improntata ad una concezione essenzialmente pessimistica
dell’esistenza. Di questa condizione diventano simbolo lo schematismo della
rete metallica a spazi fissi e regolari e la linea di demarcazione che è
insieme limes gnoseologico e rappresentazione della dimensione temporale e
unicamente terrena dell’uomo. Domina su tutto l’idea di una cesura netta tra
realtà fenomenica e mondo immaginifico: la musica tradotta in note fini a se
stesse è solo un estatico momento che perde il suo vitalismo andando a
depositarsi a margine di quella linea, soglia invalicabile ed impenetrabile. Di
qui l’ossessionante ripetizione in tutti e quattro i pannelli maggiori, con
lievi sfumature, dovute alla morfologia del materiale usato, relativa al
concetto fascinoso del superamento del limite comune delle cose, sta a
significare la petulante puntualizzazione di cui l’autore dà del concetto in
sé nella sua ricerca continua dall’esito forse irraggiungibile.
Stefania
RIZZO, studiosa d’arte
C10 |
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