"Incoronazione della Beata Vergine" |
" L’opera, realizzata per la Cattedrale di Tursi (MT) e iniziata nel gennaio del 2010, raffigura l’Incoronazione della Vergine, momento in cui la Madre e la Sposa mistica del Signore viene eletta Regina dei Cieli.Il tema iconografico dell'Incoronazione della Madonna è ripreso dai Vangeli apocrifi e diffuso dalla Legenda aurea di Jacopo da Varagine, domenicano della seconda metà del XIII secolo. Si può attribuire, sebbene non direttamente, anche al «segno grandioso» che appare nel cielo della «donna vestita di sole», sul cui capo dominava una corona di dodici stelle, come è riportato nel libro dell’Apocalisse (12,1). L'Incoronazione è dunque uno dei tentativi antropici per rappresentare ed esaltare la signoria del Cristo e, in lui e con lui, della Madre. La Regina dell’Apocalisse, qui ritratta di profilo, è giovane così come lo era al momento della “scelta”, poiché regina inconsapevole fin da allora; l’artista, in questo modo, tenta di annullare quello spazio temporale che vede la Madonna passare dalla fanciullezza all’incoronazione. Attorno a lei Cristo, che la investe di dignità regale, e Dio che partecipa alla scena, in alto su di un trono. La pala arriva all'acme con la presenza di una colomba bianca, un nodo di luce incorporea, che rappresenta lo Spirito Santo e grazie alla quale si compie iconograficamente la Trinità. La Vergine è il principio quaternario che completa il dogma trinitario, essa diviene il simbolo della compiuta realizzazione del volere divino, massima espressione dell’amore e dell’armonia universali. Il gesto della Madonna, che aiuta con la mano sinistra Gesù a sistemarle la corona, rivela dichiaratamente la sua natura di madre prima di tutto, come se volesse aiutare e andare in contro a chi è figlio prima ancora di essere Cristo. La Vergine è ritratta, dunque, nella sua funzione protettiva di madre e nutrice e il concetto di maternità, tanto caro all’artista, qui ha il preciso compito di simboleggiare ulteriormente il legame della donna con la terra. Un ulteriore atto di modestia affidato alla figura femminile risiede nello sguardo della Madonna, la quale, seppure innalzata al cielo e incoronata, ha gli occhi umilmente rivolti verso il basso, ma non solo. Essa rivolge gli occhi in basso, poiché è allo stesso modo regina di quella terra dove i suoi figli lottano e sperano. Gesù Cristo indossa la tunica rossa del sacrificio eucaristico, poiché si sottintende che quella immolazione sia ancora in atto per la salvezza di tutti gli uomini. La figura di Dio, indossando un saio francescano, personifica il principio pauperistico della Chiesa e regge con la mano un globo terracqueo che mette in mostra l’Africa, luogo in cui, secondo D’Acunzo, risiede il futuro della Chiesa. La chiara allusione alla terra risulta pertinente, poiché essa rappresenta il principio cosmico complementare al cielo. La luce radente, nell’ombra colorata, sfiora il globo e illumina l’Europa, scelta precisa per indicare il continente dove il Cristianesimo si è sviluppato, soprattutto alle origini. La scena è ambientata nel Regno dei Cieli, dimensione spirituale in cui dimorano Dio Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, la Vergine, i profeti, i patriarchi, gli angeli e i santi. Secondo i Padri della Chiesa, le anime dei beati raggiungono il Paradiso, situato nell’Empireo, cui D’Acunzo allude attraverso una coltre di nubi morbide ed evanescenti, colorate e illuminate da un’intensa luce diffusa. «Più luce gli dai e più luce si prende», ha avuto modo di dichiarare l’artista alla conclusione del suo lungo lavoro di realizzazione dell’opera. L’associazione della Madonna alla porta del paradiso rappresenta, fin dal passato, la funzione della Vergine come corredentrice dei peccati dell’uomo. La dimensione paradisiaca, infatti, accenna alla sua funzione generatrice e vivificante, poiché essa è prima di tutto rappresentante degli uomini al cospetto di Dio. L’artista ha puntato moltissimo su questi concetti per collegare la terra e gli uomini al cielo, la sacralità della Trinità ai fedeli. E per consolidare ulteriormente questo legame, dai piedi della Vergine germoglia e si diffonde un arcobaleno iridescente, quasi come fosse un ponte tra cielo e terra, un percorso possibile per i fedeli affinché raggiungano la serenità e la pace per il proprio spirito. Una novità assoluta dal punto di vista illustrativo che, al contempo, evoca nuovamente il bagliore a colori di quella donna vestita di sole. D’Acunzo interpreta la scena come fosse una festa, un momento di gioia e condivisione di un evento grandioso, in un trionfo di colori e di luce. In passato questa scena è stata spesso raffigurata in una atmosfera intima e mistica, mentre l’artista ha volutamente deciso di immergere i protagonisti in una dimensione lieta e gioiosa. Questo aspetto è reso con ancor più efficacia dalla presenza di una quinta scenica assai insolita: un coro gospel di persone di colore, con abiti neoafricani dai colori vivaci. Essi si riferiscono nelle cromie abbaglianti alla felicità di questo evento, mentre alle spalle della Trinità compaiono tre angeli suonatori. La musica e il canto in Paradiso rimandano, di fatto, ad antiche tradizioni iconografiche. D’Acunzo ricalca l’immagine sul mito dell’età dell’oro e del Paradiso terrestre come era usuale nel Rinascimento, tempo in cui il Regno dei Cieli era raffigurato come un giardino rigoglioso dove coltivare, in una forma velata di spiritualità, piaceri terreni come il canto e la musica. Caratteristica ricorrente nell’arte sacra di D’Acunzo è il chiaro riferimento all’età contemporanea, attraverso relazioni e aspetti legati ai costumi e alle ambientazioni del tempo presente. Nella parte bassa della pala, fanno da cortina le anime, rappresentate sotto forma di spiriti, poiché secondo il motivo dell’ascesa al cielo che ricorre nel dogma dell’Assunzione, solo Cristo e la Vergine sono in corpo e in spirito. Le anime astanti sono uguali nella sostanza e diverse nella forma, rimandando all’idea secondo cui non ci sia alcun tipo di differenza o discriminazione nei cieli. L’anima resta, ma sotto forma di luce che si materializza secondo tonalità calde e infuocate attorno ai profili delle figure. Nelle pale e nei polittici medievali a partecipare alla scena sacra erano abitualmente i committenti, raffigurati in dimensioni ridotte. Adesso con D’Acunzo a fare da spettatore è il popolo: siamo noi, ora, a contemplare l’incarnazione della Grazia divina. D’Acunzo ha utilizzato per l’esecuzione dell’opera esclusivamente colori acrilici e come supporto pittorico un pannello di compensato, preventivamente trattato. Una scelta ardua la sua, poiché il colore a olio, a differenza di quello sintetico, gli avrebbe permesso di ottenere velature più facili, ombre colorate ed effetti sfumati. Esiti che l’artista ha comunque raggiunto, mantenendo la lucentezza dei pigmenti scelti. La particolare brillantezza delle cromie viene poi accentuata da ripetute stesure di resina acrilica, utile a preservarne anche l’integrità."
Ne hanno parlato: Il parroco della Cattedrale diocesana di Tursi don Battista Di Santo, nella brochure di presentazione dell'opera Quotidiano "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO", giovedì 6 gennaio 2011, pag. XVII - "Tursi, una tela dedicata alla Vergine nella cattedrale" di S. Verde Quotidiano "il Quotidiano", giovedì 6 gennaio 2011, pag. 53 - "Il dono di D'Acunzo alla cattedrale di Tursi" di S. Martire
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Incoronazione della Beata Vergine (clicca per ingrandire)
L'artista mentre crea il cartone preparatorio
D'Acunzo all'opera
Cerimonia di presentazione ufficiale ai fedeli
D'Acunzo e il critico L. Donvito presentano l'opera
Il vescovo Mons. Francescantonio Nolè a conclusione della cerimonia
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