COMMENTI GENERALI ALL’OPERA di Antonio RONDINELLI |
Ritorna D’ACUNZO con questi ventotto componimenti, dopo molti anni di silenzio, in cui non ha libato ad Erato, Euterpe ed Urania. La sua prima pubblicazione. “TURSI… PANE CASERECCIO” risale al 1973. E questo silenzio non riguarda solo la poesia, ma anche la pittura e la scultura, campi in cui ha creato opere che hanno imposto uno stile, personalissimo, e collocato un artista. Egli è artista poliedrico, osserva la realtà come attraverso un caleidoscopio e ne ricompone l’unicità della multiforme varietà delle sue manifestazioni ed espressioni mediante la pittura, la scultura e la poesia. Ora si ripropone con “SULLE RIVE DELLO JONIO”, titolo che giustifica l’incipit di queste riflessioni. Per Jonio egli intende la Magna Grecia, i miti classici, primo fra tutti Giasone di cui evita la fine – ma stavolta gli sfuggirò / non ero arruolato tra gli argonauti – (“Un fox trot” vv. 22-23). Numerosi i richiami e i riferimenti all’oracolo, a navi e vele, a Nettuno, Orfeo, Medea e alla Sibilla, all’Averno e ad Argo, a Corinto e Taranto (ellenica) … Non manca, però, la descrizione dello Jonio attuale con le sue calme e burrasche, mare così imprevedibile ed umorale da influenzare anche il temperamento delle popolazioni rivierasche. Con un sofferto viaggio di introspezione sullo sfondo di un’Ellade sognata, chiamata a rasserenare i suoi tormenti e le sue delusioni, egli mette a nudo se stesso e ci appare così vergine, bambino, indifeso, costretto a nascondere, dietro un abisso di tormenti ed insicurezza, un animo percettivo e sensibile. Ma non scade nell’autobiografismo, nel vittimismo, nella querula lamentazione, anzi con ripetuto e freudiano richiamo all’aquila tradisce la tensione ad elevarsi e l’ambizione a volare alto. Insieme a questa spinta il poeta presenta momenti in cui aspira, agogna (quasi) a placare l’animo sì da far pensare in “Ricordi mai archiviati” a “multas per gente et multa per aequora vectus / advenio has miseras, frater, ad inferias” (Catullo, carme 101) e quasi “dorme / lo spirto guerrier ch’entro (gli) rugge” (cfr. “L’Immenso profondo”). Non è poesia facile, né semplice questa di D’Acunzo: niente rima, poco compiacimento ai suoni, forma a volte aspra, che costringe il lettore a ripiegarsi sulle proprie crisi percorrendo quelle dell’autore. Se non solletica l’orecchio, sollecita l’intelletto e interroga lo spirito. |