CERCAMI (Poesia in cinque strofe, versi liberi e sciolti)

Ritorna qui l’eterna metafora del viaggio, espresso con “di viaggiare in gruppo” e più giù “nella libertà di andare”. In questo quadro la prima strofa è una considerazione amara, ma contenuta, della fatica di vivere, del “mestiere di uomo”. La seconda conclude il processo logico della prima con un’attesa positiva e con l’apertura alla speranza, motivata “Nella libertà di andare / richiesta e accordata; / cercami”, culminante nell’invito finale “cercami”, ripreso con felice anafora isolatamente ed a conclusione della quinta strofa, anche qui in funzione conclusiva del pensiero logico del testo e con significato di invito a termine del percorso emotivo del poeta. Può, quindi, aprirsi al dopo, “Avvertirò pulsare / l’ansia esistenziale; … (e) fiutare l’oltre” e chiudere richiamando e rifugiandosi nel “familiare amico mare”, approdo e rifugio del suo animo, il mare un topos della poesia del Nostro. E, non a caso, in questo momento di apertura troviamo una delle rare immagini del mondo reale, nella similitudine “come il gatto sui tetti, / visti da un balcone,” ed egli “Avvertir) pulsare / l’ansia esistenziale”. Le altre figure (poche e ripetute): aquila, gabbiani, hanno per lo più funzione e valore metaforico. L’anafora cercami chiude questa prima parte della lirica con un invito e un richiamo. E può passare, quindi, nella quarta strofa, ad un moderato crescendo, che a stento trattiene “urla mentali”, sinestesia richiamante l’interiezione incidentale  “maledizione” di La Sibilla, che creano un efficace chiasmo di figure contrapposte a “nell’attesa silente”.

Il  componimento si chiude non con ottimismo, ma in una visione pacata ed aperta al sogno e nel mito (quasi dolce) “Varca l’ingresso del mio mondo di Alice”, ritorna la favola, forse anche l’evasione, che ben venga se il poeta può “sentire canti nel vento / il tepore del risveglio” e aprirsi al “sole del mattino”. Insieme  a questi versi, risveglio e mattino sono parole-spia di un dopo non solo sognato, ma,  forse, intravisto, seppur vagamente e confuso, così come gli altri due termini del penultimo ed ultimo verso, refrigerio e acqua, simbolo di vita per quello che rappresenta sempre e per essere stata la prima fonte di vita. E così la lirica si conclude nel “refrigerio dell’essere / nell’acqua che parlotta alla rupe” in un’atmosfera quasi idilliaca, resa dall’immagine e dall’onomatopea “parlotta alla rupe”.

Antonio RONDINELLI

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Stanco di coltivare la solitudine avverte il bisogno di sentire pulsare le vene all’orizzonte, sanguigno e minaccioso nel deserto, lontano dai sensi, cercare una protezione dalla primavera, dall’autunno, dal sole, dalla pioggia, dal terrore di notti solitarie…….

Infervorato dalla speranza di un segno, di una sensazione appena avvertita, riuscire a filtrare, ad andare oltre a quel tetto ingrato che ha sovrastato il mare lontano…… riuscire a sentire quelle pulsazioni attese: ancora solitario sforzarsi di intessere ogni sensazione, saziarsi di amare un corpo che ancora non esiste finché al fine si senta che forse questo amore non è che un’illusione, un gioco, quando invece si vorrebbe fondersi in uno, essendo da solo troppo poco……

“Cercami” è un invito, un bisogno, un modo sublimale e quanto mai ricolmo di terrore di chiedere amore, di rivivere tanta inquietudine ….. essere scosso dai brividi, i sospiri che rendono pazzo, l’incalzante voluttà che quasi mozza il fiato e i palpiti che fanno scoppiare il petto….

L’esercizio sarà arduo….. attende questa presenza accecante nell’ingresso del suo mondo perfetto dove ogni cosa sarà concessa, la pazzia e la morte.

“Cercami” come la più alta ed elevata richiesta d’amore e di vita.

Eufrasia MELLACQUA

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