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Quotidiano BASILICATA, 26 dicembre 1993, pag. 17
- CRONACHE -
"A Tursi, nella Chiesa del Cuore misericordioso di Gesù, l'opera di
Vincenzo D'ACUNZO"
Un presepe "riciclato", di Rosa Maria FUSCO
Oggetti vari trovano
"ricomposizione" nella "scultura non scultura".
Conosco Vincenzo D'ACUNZO praticamente da sempre. Ne
ho seguito, pur tra i ripensamenti e le oscillazioni, l'ascensionale percorso
che, mi pare, trovi proprio in queste recenti "installazioni" il suo
punto d'arrivo più convincente. Artista materico ma con forti spinte alla
sublimazione e alla concettualità, D'ACUNZO, sin dalle opere degli anni
Settanta aveva sentito fortemente la tematica ecologico e denunciato lo spreco e
la lacerazione, il senso di morte di una civiltà che si seppelliva nei suoi
immondezzai. Ora quegli scarti e quegli inerti trovano ricomposizione, non
semplice riciclaggio, in sculture non sculture, la cui caratteristica essenziale
è una sorta di ricomponimento in unità dove i resti, i rottami, della civiltà
tecnologica (pezzi di elettrodomestici, corde, antenne televisive, orologi
andati a male, ma anche legni, plexiglas, eternit) trovano nuova forma e nuova
funzione. La ricerca del respiro dell'inerte avviene attraverso la
rimanipolazione degli oggetti, o delle parti dello stesso, attraverso cioè un
processo aggregativo che (cucito, incollato, inchiodato da una robusta mano
artigiana e amalgamato dai colori dell'artista) realizza una sorta di
metamorfosi finale o, meglio ancora, di "epifania" (rivelazione):
dalla discarica è spuntato un fiore. Queste operazioni D'ACUNZO le chiama
mininstallazioni, uno spazio precario ma ben ritagliato, progetto che può (o
non può) convertirsi in opera stabile, oggetto definito e definitivo. Piegando
questa tecnica, e questa ricerca, materiale e raffinata insieme, a un'occasione
rituale di tipo comunitario, D'ACUNZO si è ultimamente cimentato in un presepe
di rara suggestione. Installato in Tursi, nella spoglia Chiesa del Cuore
misericordioso di Gesù (che sostituisce per le funzioni rituali la bruciata
Cattedrale) questo anomalo presepe è proposto alla riflessione di spettatori
"fedeli e non" ai cui strumenti di lettura D'ACUNZO ha fatto una
concessione, (nella versione popolare) lasciando le tre statuine tradizionali in
creta: il Bambino, la Madonna, San Giuseppe in ordine gerarchico: il Bambino
davanti alla Madonna è solo in secondo piano, discretamente e in laterale
l'umanissimo Giuseppe. La novità sta nel fatto che D'ACUNZO, artista di
comprovata manualità, pur avendo, molto spesso, volto la sua attenzione a
soggetti sacri, verso i quali lo spinge la sua combattuta, lacerata eppure
certa, fede, ha sempre vissuto come divorziato i due momenti: quello sacro e
quello profano, e spesso è stato, nell'interpretazione del sacro, più
consueto, tradizionale, oleografico. Questa volta, invece, egli ha prestato la
sua tecnica più ardua a questo presepe, che è fatto, simbolicamente, di un
muro in eternit, materiale moderno, ma mobile e precario, quasi a significare la
mobilità e la precarietà della condizione umana. C'è poi una capanna con di
lato un tempometro ricavato da uno scarto di lucidatrice. Vuol dire che il tempo
dell'evento si ripete in tutti i tempi e in tutte le condizioni umane, compreso
quello nostro, tecnologico, diverso dai tempi di Maria e di Giuseppe e il senso
della storia è guidato da questo moderno attrezzo che rappresenta l'odierna
condizione femminile. Alle spalle c'è la terra, con le sue bandierine di
lamiera persino un po' troppo didascaliche. Sulla terra domina una cometa che ha
come coda un'antenna televisiva, simbolo di quella cronaca che ci viene
comunicata in tempo reale e che spesso è portatrice di sofferenze, di dolore,
di peccato. La capanna è il ponte (d'oro) tra lo spazio e il tempo. Dal suo
centro un fascio di luce investe l'osservatore, rimette in moto la storia, ne
inverte il destino, dando senso e motivazione a un universo altrimenti
disperante nel suo meccanismo. Di là da ogni metafora, e da ogni ipotesi di
meditazione, bello l'effetto estetico: colorato e scintillante, fino a strappare
l'applauso dei bimbi e il sorriso ammirato degli adulti."
Q 14
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