DISSIPAI

Nel turbine dell’esistere
conobbi l’ideale
condiviso in tutto
anche nel mentire a se stessi.

Fedeli fino alla fine
dissipammo.

Violammo il vaso di Pandora
depositandovi appagamenti sensuali
invece di prelevare
dal fondo la speranza.

Stufi di aver dissipato
praticammo il gioco dell’eutanasia.

Chissà semmai comparirà l’arcobaleno
dilapidato da attimi presenti
temporali, arsure, carestie, desertificazioni
scagliati al cielo a rincorrere l’idillio.

Vivemmo l’arte nell’essere
superfluo fu testimoniarla.

Molti poeti hanno avuto poca vita
per sminuzzare il turbamento
renderlo biodegradabile
eppure hanno visto e cantato
la puledra del tempo domata
da un’indiana nuda libera di cavalcare
sgroppare nell’iride solare.

Apro la dimensione del divenire
tende l’indiana un sereno calumet.

Nell’assurdo socio-convenzionale-quotidiano
dovrò scavare più dentro
attingere all’ultima sorgente
ridare vita al deserto
bonificarlo in prateria
pascere la puledra
fumare il calumet.

…e sperare che l’indiana
abiti la mia prateria interiore.

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