Rivista "First Art Word", " Sto cercando di fondere due modi di essere, fino a qualche tempo fa contrastanti l'artista e l'artigiano. Non voglio privarmi del piacere di manipolare, rettificare, rigenerare, materiali vari per principio reperiti tra gli scarti di laboratori artigianali ed officine meccaniche. Dargli un senso ed ingentilirli con il colore, tanto da rasentare il metafisico. Adibirli ad un nuovo uso, contrario o solamente diverso da quello originario. Trascorrere ore ed ore ad osservare gli scarti utilizzati come nuove materie prime e farsi ispirare nella creazione di nuove sagome. Tutto il processo va ad inserirsi in mininstallazioni. Nomino così le mie opere in quanto vengono racchiuse in una cornice parte integrante dell'opera stessa ( le dimensioni dell'opera vengono, infatti, segnalate con una parentesi a fianco che sta ad indicare l'ingombro supplementare ). La cornice isola un campo di azione a mo' di luogo in cui andrebbe a sorgere la probabile installazione. Esistono in ciò due vantaggi, il primo è quello di avere uno spazio appositamente creato che accompagna l'opera in ogni suo movimento in condizioni ottimali, non già adattata occasionalmente a seconda dello spazio che si andrebbe a reperire ora qua, ora là. In secondo luogo la mininstallazione, proprio per la sua dimensione raccolta, consente di reperire uno spazio certo che può, con la interazione del visitatore, ingrandirsi a piacimento. Quello che conta è il colore, il fondo e la cornice non sono elementi di confine, ma dichiarati a monte precari e provvisori, lasciati, per il loro definitivo dimensionamento, all'arbitrio e alle esigenze dello spettatore. In sostanza mi preme creare delle stanze o altri tipi di contenitori e di esse rappresentare la porta di ingresso o la finestra, il buco della serratura o i vetri, facendo intravedere ciò che potrebbe trovarsi all'interno. Mininstallazioni sta proprio a significare progetto, embrione, idea da sviluppare eventualmente in installazione. Rimanendo nella prima fase progettuale dell'opera lascio la realizzazione dell'eventuale installazione allo spettatore." Vincenzo D'ACUNZO, parla di se stesso "L'attenzione sembra essere l'imperativo categorico di Vincenzo D'Acunzo. Attenzione maturata dentro logiche imprendibili ma pur visibilissime, se non fosse per i colori che sceglie la sua opera sarebbe un atto di accusa spietato e se vogliamo naturale. Ma i colori di D'ACUNZO sono caldamente ironici, sembrano metterci in guardia sul concetto di verità ad un centimetro dallo smarrimento. Il suo è un concettuale ready made istallato meticolosamente sull'infinita gamma del sempre presente storico, uno speciale giornalismo filosofico liberissimo. In ultima analisi D'ACUNZO è puntuale sul significato di aforisma artistico, e il suo equilibrio solidissimo ci conforta." Massimo FALLERONI, critico d'arte |