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Catalogo "personale" del 1 - 10 Giugno 1983 "Parlare di se stessi è sempre, a dir poco, imbarazzante; se non lo devi fare poi per una ristretta cerchia di amici allora la cosa si fa' critica. Tra i tanti modi per dire di sé, forse, iniziare con rigorosità storica servirà senz'altro ad uscire d'impiccio; propendo dunque per questa soluzione . . . Sono nato a Padula (SA) nel 1950 da ormai tredici anni vivo a Tursi (MT) in Via Belgio, 38. Fino a diciotto anni ho sempre pensato alla pittura coma ad un modo simpatico di occupare il tempo. Man mano è diventata un esigenza, una valvola di scarico che entrava in funzione quando mi sentivo goffo, ingolfato, o incompreso. E' allora che, dipingendo sui sacchi si farina depositati nel magazzino di famiglia, ho imparato a ragionare con le opere come si fa di fronte ad un compito di matematica, un'abitudine - ormai quasi metodica - che conservo oggi perché mi aiuta a scoprire quello che non so di me: molto. E' così che ragionando e sragionando, coprendomi e scoprendomi, sono arrivato ai concetti posti alla base di ogni mio lavoro. Attraverso la trafila dell'uomo burattino e fino all'annullamento di tutti gli attributi sensuali, divenuti superflui per esprimere quello che mi premeva, sono arrivato all'essenza, a considerare cioè l'uomo un concetto, un pensiero, un'idea, un comportamento, un modo di essere; compromesso. Molti uomini, più concetti, più pensieri. più idee, più comportamenti, più modi di essere; compromessi. Le grandi macchie, ben distinte per colori ma intersecanti nella forma, hanno da sole occupato la tela fino ad impregnare la società, la natura, il cielo: la terra, l'universo, un condizionamento della malora. Questi deserti colorati hanno avuto i loro primi abitanti: i cavalli. Perché il cavallo io stesso non l' ho mai saputo ma la fierezza, la scioltezza frammiste a prepotenza hanno di certo avuto la loro influenza. Negli ultimi tempi è ricomparsa la figura umana quasi realistica. E' rimasto, a richiamare ed a ricollegare il concetto originario delle campiture dai netti colori condizionati dalla forma, il piano o lo scenario sul quale quasi si poggiano le figure che li occupano. Mai, infatti, si trovavano tra i miei lavori paesaggi montuosi o collinari, sempre piatti, lineari, a tavola per dirla in figurato, quasi temendo di trovare ostacoli che avrebbero potuto confondere orizzonti dritti, rigidamente retti." Catalogo "personale" di pittura 27 luglio - 10 agosto 1985 "Ho ammirato la linea, l'armonia e il movimento del corpo, li ho tanto amati da distruggere tutto perché sia felice".Vincenzo D'ACUNZO, parla di se stesso |
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